lunedì 1 maggio 2017

Oltre al cibo, un modello economico: analisi delle potenzialità dell’economia solidale

Di Alice Orbecchi

L’economia solidale è un processo di trasformazione sociale che interviene in ambito economico per promuovere la difesa dell’ambiente, la giustizia e il maggior livello possibile di benessere per tutti.
Nasce in contrapposizione all’economia di mercato, rappresentata dall’identificazione dell’uomo nel modello di Homo Oeconomicus , cioè individuo singolo nella sua azione economica, guidato da un calcolo puramente razionale che lo spinge a ottimizzare il proprio benessere.

Secondo la metafora della mano invisibile di Adam Smith, nell’economia di mercato i meccanismi economici che regolano il mercato portano al benessere della società proprio attraverso la contrapposizione degli egoismi individuali.
Tuttavia, questo sistema conosce dei limiti: i consumatori e gli operatori economici non sono spinti solo da criteri razionali nelle loro attività di produzione e consumo e l’equilibrio del mercato richiede particolari condizioni economiche, tra cui la concorrenza perfetta e la simmetria informativa, che attualmente non sono realizzate.

Al contrario, l’economia solidale tiene conto del fattore emotivo dell’uomo, e il principio guida di questo modello economico non è più quindi il calcolo razionale allo scopo di ottenere il maggiore profitto con il minimo sforzo, ma il raggiungimento del bem-viver. La relazione tra venditore e acquirente non è più solo economica, ma umana, perché per costruire il bem-viver bisogna cercare di rendere questo concetto la base di ogni azione del quotidiano.

Nella “Carta per la rete italiana di economia solidale”, i suoi principi e obiettivi sono definiti come lo sviluppo di relazioni basate sulla reciprocità e la cooperazione, l’attenzione per la giustizia e il rispetto di tutti gli attori del sistema economico, la sensibilità per la sostenibilità ecologica, l’autogestione e la partecipazione democratica, l’attenzione al territorio locale, la condivisione delle proprie esperienze con altre realtà dell’economia solidale e l’impiego degli utili nel sociale e nella rete, per aumentare il numero di prodotti forniti dalla rete stessa.

A tal fine, lo strumento privilegiato è appunto la strategia di rete: le singole realtà locali si rinforzano a vicenda, per creare lavoro e reddito, migliorare i modelli di consumo, proteggere l’ambiente e, più in generale, costruire una nuova società basata non più sull’economia del profitto, il consumo, la creazione di rifiuti, la distruzione ambientale, l’ingiustizia, la depressione causata dall’inevitabile alienazione e l’imposizione consumistica, ma sull’incontro, le relazioni, lo scambio, la gratuità, le reti, la fiducia, la condivisione, contro l’individualismo.

Inoltre, l’economia solidale privilegia la qualità dei prodotti grazie ai meccanismi del biologico, della filiera corta, della sostenibilità e della trasparenza.
Infine, la filosofia dell’economia solidale rivolge particolare attenzione alla tutela del territorio, della terra e della comunità e alla preservazione dei diritti di tutti, dal produttore al consumatore.

Le forme più semplici in cui si può realizzare l’economia solidale sono i Gruppi di acquisto solidale (Gas): gruppi di consumatori i cui componenti decidono di organizzarsi per fare la spesa collettivamente, acquistando alimentari freschi e secchi e prodotti d’uso quotidiano, raccogliendo periodicamente gli ordini di singoli prodotti ed inviandoli, prediligendo i piccoli produttori della propria zona che rispettano l’ambiente e i diritti dei lavoratori. La creazione di relazioni dirette permette anche il reciproco sostegno tra produttori e consumatori in caso di difficoltà impreviste.

Per quanto riguarda l’organizzazione, i Gas seguono le regole della crescita organica tipica dei processi “naturali”: si sviluppano fino a diventare troppo grandi e dare luogo a una divisione e quindi alla creazione di altri Gas.
In generale, ogni Gas può gestire circa 150 reti. Consapevoli di questo limite, i Gas si organizzano attraverso la differenziazione dei compiti.

Per illustrare la realtà dei Gas, ho scelto il progetto della “Retina dei Gas della Brianza”: un coordinamento di Gas attivo nel territorio della Provincia di Monza e Brianza e nei Comuni limitrofi. La “Retina” nasce il 28 aprile 2004 a Villasanta ed è composto da 25 Gas.

I suo obiettivi sono molteplici: coordinare l’azione dei Gas aderenti favorendo lo scambio e la condivisione, procedere ad acquisti condivisi tra più Gas e favorirne la costituzione di nuovi, diffondere la cultura dell’economia solidale e del consumo critico e promuovere la nascita e lo sviluppo del “Distretto di economia solidale della Brianza” (Des Brianza).

L’organizzazione di questa retina si basa su una riunione generale bimestrale, affiancata da riunioni rivolte a progetti e cooperazioni specifici. Le comunicazioni all’interno di un gruppo tematico avvengono tramite la creazione di mailing list. Una riunione biennale permette invece di riunire tutti gli aderenti per determinare le linee d’azione della rete.
Questo tipo di organizzazione permette al tempo stesso una ripartizione efficace del lavoro, senza deleghe e con ampia partecipazione, e la rappresentazione della struttura reticolare che caratterizza i Gas e le reti di Gas.

Un aspetto interessante della rete di Gas rispetto al Gas semplice è la possibilità di impegnarsi in progetti più ampi, come quello realizzato dalla “Retina” in collaborazione con il progetto Spiga&Madia, produttore di pane e farina: tramite un accordo basato esclusivamente sulla fiducia, i Gas si impegnano a comprare un quantitativo settimanale di pane e trimestrale di farina e a partecipare al rischio di impresa del contadino.
Inoltre, la struttura di retina permette di confrontarsi con problemi logistici complessi, in particolare la gestione di acquisti quantitativamente importanti senza che il tessuto di relazioni venga compromesso e senza cioè trasformarsi in intermediario unico, cosa che avvicinerebbe la rete di Gas al classico sistema della grande distribuzione.

L’esempio del progetto Spiga&Madia merita un’attenzione particolare in quanto esempio del tipo di produzione che l’economia solidale promuove: la redditività dell’attività agricola infatti si unisce alla sostenibilità ecologica e alla qualità del prodotto finale.
In particolare, l’obiettivo di questo progetto è quello di promuovere la produzione di pane e farina a chilometro zero (si utilizza come punto di riferimento un territorio di un raggio approssimativo di 50 chilometri).
Il progetto di Spiga&Madia, in particolare, introduce il sistema della co-produzione: il consumatore non è più relegato a un ruolo passivo ma collabora col produttore nel portare avanti progetti co-ideati e nel condividerne il rischio imprenditoriale.
Questo progetto mostra anche le importanti implicazioni dell’economia solidale nella gestione delle eventuali situazioni di crisi.

Insomma, l’economia solidale permette di pensare in grande, non solo a un modo diverso di nutrirsi ma anche a un intero sistema economico completamente diverso da quello attuale, basato su valori diversi da quelli sempre più diffusi dell’individualismo e del profitto.

In questo senso, ho trovato molto interessante l’intervista a ElenaTioli, una giovane donna mantovana che racconta la sua esperienza di vita dopo aver rinunciato a fare la spesa nei supermercati. La sua scelta nasce dalla constatazione che tutto ciò che si trova in vendita in un supermercato vi è presente perché troverà un acquirente, nonostante si tratti molto spesso di prodotti dannosi sia per l’ambiente sia per la salute.
Attraverso i Gas e un’attenzione maggiore alla possibilità di produrre in casa i prodotti di cui si ha bisogno, si ottengono tre risultati principali: smettere di entrare nei supermercati permette di liberarsi dalle imposizioni consumistiche e di percepire il bisogno di meno prodotti; si limitano di conseguenza gli imballaggi e gli sprechi, cioè i rifiuti, e si consumano prodotti rispettosi per l’ambiente, sia perché naturali sia perché a chilometro zero. In ultimo, questo comportamento permette di limitare le spese.

Queste esperienze pero’, non solo permettono di pensare a un nuovo tipo di consumo, ma addirittura consentono di immaginare un modello di sviluppo globale completamente diverso da quello a cui siamo abituati oggi.
Essendo io originaria della Val di Susa, in provincia di Torino, sono cresciuta a stretto contatto con un movimento, quello No Tav, che sostiene fortemente la necessità di tornare a un modello economico più lento e rispettoso dell’ambiente, ma anche di noi stessi. Per questo mi sento di riprendere la riflessione di Davide Biolghini espressa nella premessa al libro “Il popolo dell’economia solidale. Alla ricerca di un’altra economia”, in cui l’autore riconosce al movimento No Tav il merito di aver messo in discussione l’assunto secondo cui il progresso e la crescita inarrestabile sono processi inevitabili e che non possono essere rimessi in discussione.

Di fronte al progetto di costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità, devastante per il territorio e la salute dei suoi abitanti ma presentato come elemento irrinunciabile per la crescita economica dell’Italia all’interno dell’economia mondiale, il popolo della Val di Susa propone un modello di sviluppo diverso, caratterizzato dalla valorizzazione del territorio.


Così, se il movimento No Tav non riuscirà a fermare il treno, avrà senz’altro il merito di aver proposto un’altra via e di aver formato lo spirito critico delle generazioni che ormai da più di vent’anni lottano per salvare la propria terra.

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