lunedì 4 aprile 2016

Intervista : Addiopizzo

Intervista : Addiopizzo

A cura di Coline Massei
Secondo anno del corso di Laurea in Lingue Straniere Applicate (Italiano-Inglese) 
Università Paul-Valéry, Francia


« L’estorsione è la madre di tutti i crimini perché è funzionale a stabilire, consolidare ed estendere il governo sul territorio rappresentato da una strada, una piazza, un quartiere. 
Il pizzo è manifestazione della signoria territoriale di Cosa nostra sulla città di Palermo. »

Addiopizzo è un’associazione di lotta contro il «pizzo», si chiama così il racket dalla mafia in Sicilia, come fate per rompere l’omertà intorno a questo delitto?
Il nostro Comitato è espressione di un movimento spontaneo di cittadini, nato dal basso, che ha compreso che il cambiamento e il progresso della Sicilia, e di Palermo in particolare, è strettamente legato al grado di responsabilizzazione e di partecipazione delle persone alla vita collettiva. 
È per questo motivo che, ormai da anni, la nostra strategia si è articolata in diversi ambiti: dai progetti mirati nelle scuole alle azioni svolte per strada insieme ai commercianti, dall’organizzazione di eventi culturali e di riflessione e confronto politico, sino alla promozione di un circuito di economia fondato sulla legalità e sul consumo critico antiracket.
La nostra forza deriva dalla capacità di avere creato un sistema collettivo di opposizione al fenomeno mafioso, volto ad affermare un sano, onesto e sostenibile sviluppo culturale, economico e sociale di una delle più affascinanti, ricche e luminose terre del mondo: la Sicilia.

Non è troppo difficile cambiare le mentalità, soprattutto vincere la paura di denunciare questa pratica ?
Fortunatamente oggi avvertiamo un clima nuovo che si respira nella nostra regione, rispetto a vent’anni fa. Abbiamo un'organizzazione mafiosa sempre più in profonda crisi e un'importante parte della cittadinanza sempre più attiva, che ha scelto nettamente di stare dalla parte della legalità e dello sviluppo sano e sostenibile.
Per raggiungere questo risultato, negli undici anni della nostra storia abbiamo contribuito e provato a scardinare la mentalità di chi è rassegnato all’idea che nulla possa cambiare e per tale approccio assume atteggiamenti di indifferenza, nella migliore delle ipotesi, o di acquiescenza nella peggiore, a fenomeni dai quali oggi ci si può davvero liberare. Ma si tratta di un lavoro per il quale bisogna ancora tanto faticare. 
Si tratta di sfide e ostacoli prettamente culturali. Non a caso la maggior parte degli operatori economici che hanno denunciato e che si sono avvalsi del nostro ausilio appartengono a generazioni di giovani (trentenni, quarantenni e cinquantenni), che hanno forti resistenze culturali rispetto a fenomeni come quello delle estorsioni.
Vogliamo restituire normalità alla nostra terra, facendo in modo che chi resiste alle pressioni mafiose e clientelari possa proseguire il proprio lavoro senza ripercussioni sulla propria incolumità e sull’attività economica che esercita.
Purtroppo la presenza mafiosa nell’economia siciliana è ancora forte. Il pizzo imposto ai commercianti, oltre a rappresentare la negazione di libertà importanti, come quella di impresa, è anche un pesante macigno che incide sulla possibilità dello sviluppo dell’economia isolana, distorcendone le regole del mercato e della libera concorrenza.
Ma, oggi, esistono molti esempi positivi di riscatto che possono permettere di sperare in un futuro diverso, libero dalla criminalità organizzata e dai suoi disastrosi effetti.

Quali sono le azioni realizzate dall’associazione per sensibilizzare un gran numero di persone?
Fra le nostre principali azioni annoveriamo la strategia di consumo critico Addiopizzo, che si caratterizza  per la creazione di un movimento antiracket di massa. Per questo, a partire dal 2005, Addiopizzo ha ideato e promosso la campagna denominata “Contro il pizzo cambia i consumi - Pago chi non paga”, volta alla costituzione di un elenco di operatori economici che pubblicamente dichiarino di non sottostare al racket. Tutte le imprese del circuito sono tenute ad esporre un adesivo-vetrofania presso i propri negozi che raffiguri il logo e il nome della campagna.
All’elenco degli operatori economici si affianca una lista di cittadini e consumatori i quali, dichiarandosi consapevoli di quanto la diffusione del fenomeno del racket mafioso e delle estorsioni gravi sulla realtà produttiva ed economica, si impegnano pubblicamente ed espressamente ad aderire alla campagna. L’adesione del cittadino consumatore alla campagna implica che quest’ultimo si impegna a partecipare attivamente alla campagna stessa, facendo acquisti presso i commercianti che aderiscono all'iniziativa.
È ormai dato di esperienza acquisito che l’adesione dei commercianti alla campagna rappresenta un atto di cosiddetta “denuncia preventiva”: l'organizzazione criminale di stampo mafioso, di solito, non richiede il pizzo a chi aderisce al consumo critico ed espone la vetrofania, perché sa di trovarsi davanti una persona che – con molta probabilità – si opporrà e denuncerà i propri estorsori. Questo è, in estrema sintesi, il cosiddetto “effetto deterrente” del consumo critico antiracket. Quest’ultimo dato è emerso dalle dichiarazioni di importanti pentiti di mafia, quali Manuel Pasta, Monica Vitale e Giuseppe Di Maio.

La sua associazione svolge attività con le scuole? pensa che sia possibile che il pizzo scompaia nel futuro sensibilizzando attualmente le persone dalla più giovane età?
Gli studenti sono il vero motore del cambiamento culturale della Sicilia. Negli anni abbiamo parlato con migliaia e migliaia di studenti, dal momento che siamo in stretto contatto con quasi 200 scuole di tutta la Sicilia.
Dagli studenti abbiamo ricevuto un contributo essenziale in termini di idee e di partecipazione nel processo di opposizione al sistema mafioso. Dal lavoro nelle scuole è partita, per esempio, l’idea di realizzare la Festa del consumo critico antiracket, che si svolge regolarmente a Palermo dal 2006, nel mese di maggio, e in cui per tre giorni migliaia di palermitani si incontrano in piazza per confrontarsi sul tema del racket, dando luogo a dibattiti, laboratori, proiezioni, seminari, concerti e spettacoli serali. Al suo interno è prevista una Fiera del Consumo critico Addiopizzo, con gli imprenditori della lista di Addiopizzo vendere i loro prodotti, oltre che a esporre le loro storie in pubblico.  

Dalla creazione di Addiopizzo, il numero di commercianti vittima del pizzo è aumentato rispetto alle sue stime? 
Non ci sono stime ufficiali a riguardo. Quello che possiamo dire però con certezza è che oggi a Palermo, rispetto al 2004, il numero di denuncianti è cresciuto enormemente, che collaborare con le forze dell’ordine non è più ritenuto un errore, ma anzi è visto come l’unica via d’uscita al problema. 
Il tutto è favorito e sostenuto dal fatto che in città e in provincia i cittadini che s’impegnano ogni giorno a premiare con i loro acquisti i commercianti che non pagano più il pizzo sono oltre 12mila, coloro i quali hanno sottoscritto il “Manifesto del cittadino/consumatore per la legalità e lo sviluppo”. Ma oltre a loro, negli anni Addiopizzo ha diffuso il suo messaggio in maniera molto più capillare, coinvolgendo centinaia di scuole, comunità religiose e associazioni nel suo lavoro quotidiano sul territorio. 

Come fate a far fronte ai problemi sociali e psicologici delle vittime? 
Cerchiamo di fornire assistenza a 360° al commerciante vittima di estorsione che vuole liberarsi. Chi si oppone al racket può infatti contare, da una parte, sul sostegno delle Istituzioni e delle leggi dello Stato e, dall’altra, sulla forza della nostra associazione con altri operatori economici ugualmente intenzionati a ribellarsi. Grazie a questa collaborazione, negli ultimi tempi l’azione di contrasto del racket ha messo a segno importanti risultati. 
Cerchiamo quindi di fare capire loro che non pagare i mafiosi non solo non è più rischioso come in passato, ma è anche decisamente conveniente, per se stessi, per la propria impresa e per l’ambiente sociale in cui si vive.
I commercianti di Palermo sono abituati da sempre a convivere col ricatto mafioso, senza considerare che pagare il pizzo vuol dire rinunciare alla propria libertà di lavorare, come diceva Libero Grassi. 
La mafia, infatti, non si limita a chiedere il pizzo: alcune volte impone le forniture di materiale, le assunzioni di personale. In altre parole, vuole entrare nella tua azienda e usurpartene la proprietà. 
Per fortuna, oggi 1000 commercianti di Palermo hanno detto “no” al racket pubblicando il proprio nome sulla lista del consumo critico. La speranza è che ce ne siano ancora tanti altri nel prossimo futuro.
Dal canto suo lo Stato oggi è presente, molto più che in passato, ed è necessario ribadirlo e gridarlo con forza laddove spesso, invece, si sente sostenere l’esatto contrario.
Per le condizioni che si sono venute a creare in questi ultimi anni anche grazie al lavoro di Addiopizzo, si può dire con orgoglio che un commerciante che decide di non pagare il pizzo riceve dallo Stato, dalle associazioni e dalla cittadinanza, la sicurezza necessaria per lavorare serenamente.
Sono stati molti, anche quest’anno, i casi di denuncia a Palermo. E tutti i commercianti protagonisti di questo atto di rottura lavorano serenamente.
Anche nel caso peggiore possibile, come è successo nel 2007 a un associato ad Addiopizzo cui è stato incendiato il proprio magazzino, lo Stato in soli 2 mesi ha risarcito la vittima e trovato un nuovo capannone affinché egli potesse riprendere la propria attività. 
In quel caso, inoltre, la cittadinanza ha mostrato alla vittima una attenzione ed una solidarietà mai sentita prima d'ora a Palermo.
La svolta sta nel non accettare sin dall'inizio le proposte della mafia: se un commerciante percorre la strada della legalità, si troverà accanto i migliori alleati, forze dell'ordine, magistratura, colleghi imprenditori, società civile. 

Lei che è volontaria, essere impegnata in quest’associazione prende molto del suo tempo libero ?
La nostra associazione è composta da numerose persone, ognuna delle quali fornisce il proprio aiuto al raggiungimento degli obiettivi comuni. Non tutti possono fornire la stessa collaborazione in termini di impegno e ore, dal momento che questo dipende dalla vita di ognuno di noi.
Per alcuni, in particolare, è stato possibile coniugare l’impegno in Addiopizzo con la propria attività professionale, come accade per esempio ai ragazzi impegnati nel progetto di Addiopizzo Travel, una cooperativa nata all’interno dell’associazione come ulteriore declinazione della strategia del consumo critico contro il pizzo, applicata al settore del turismo, e che quindi mira a coniugare lo sforzo di Addiopizzo con un’attività economica e culturale.
Addiopizzo Travel offre ai viaggiatori la possibilità di conoscere le persone, i luoghi e le storie più significativi del movimento antimafia, mostrando il volto più autentico e genuino della Sicilia, al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni, per restituire dignità e dare visibilità a un popolo che sta lottando per il cambiamento.
I fornitori a cui si appoggia Addiopizzo Travel non pagano il pizzo. Sono i titolari di alberghi, B&B, ristoranti, aziende agricole e agenzie di trasporti che hanno fatto una scelta coraggiosa di ribellione alla mafia. Alcuni di loro lavorano su terreni confiscati ai boss di Cosa nostra.
Chi viaggia con Addiopizzo Travel sceglie strutture ricettive certificate da Addiopizzo e tour al 100% pizzo-free. Sceglie di contribuire allo sviluppo di un circuito di economia pulita. Sceglie di sostenere con una donazione le realtà del volontariato impegnate in prima linea nel sociale. Sceglie di non lasciare nemmeno un centesimo alla mafia.

Parallelamente Addiopizzo Travel sostiene tramite donazioni le associazioni no profit impegnate nel sociale e coinvolte attivamente nei tour. Per maggiori informazioni, comunque è possibile visionare i due siti: www.addiopizzo.org e www.addiopizzotravel.it

giovedì 31 marzo 2016

Intervista all'associazione "Acquisti & Sostenibilità"

Intervista all'associazione: “Acquisti & Sostenibilità” 

A cura di Bentamar Sara


Acquisti & Sostenibilità è una organizzazione non-profit, fondata nel 2007 con l’obiettivo di creare valore sociale, etico, economico ed ambientale  informando, mettendo in contatto, supportando, indirizzando le imprese private e pubbliche, di qualsiasi settore merceologico, e le organizzazioni non profit/onlus/ong, nello sviluppo delle loro iniziative di sostenibilità lungo la catena di fornitura estesa (fornitore-cliente). 

1- Come avete avuto l'idea di creare questa associazione ?

L'idea è nata dalla convinzione di poter creare del Valore alle attività dei manager che si occupano di gestione degli acquisti e delle catene di fornitura, attraverso una maggiore, migliore e concreta attenzione all'impatto ambientale, sociale, etico ed economico delle forniture e dei fornitori. Altrettanto per creare un fattore differenziale sul mercato per l'azienda in cui i manager operano rispetto ad altre aziende concorrenti e non. Come anche generare effettivi benefici tangibili ed intangibili.

2- Quando è stata fondata? 

Acquisti & Sostenibilità ha visto la luce nel marzo del 2007 a Roma.

3- In che modo è finanziata la vostra associazione?

Tramite quote associative annuali sia individuali che aziendali, queste ultime divise per dimensione aziendale (Piccola, media e grande impresa). In caso di particolari progetti veniamo supportati da sponsor che finanziano le attività e i costi sostenuti.

4- Quali sono gli obiettivi della vostra associazione ?

Sviluppare, ispirare e supportare l'inserimento di criteri di impatto ambientale, sociale, etico ed economico delle catene di fornitura al fine di generare benefici tangibili ed intangibili all'azienda e alla comunità intera.

5- Quali sono le attività creative che proponete ?

Progettiamo e realizziamo studi su diversi settori di mercato focalizzandoci sulla specifica catena di fornitura (Moda, ICT, Ristorazione, Sport, etc). Abbiamo un Osservatorio annuale che misura il livello di maturità delle iniziative di sostenibilità delle catene di fornitura, analizzando i rendiconti CSR delle aziende a livello nazionale ed internazionale (Osservatorio Supply Chain Sostenibile).

6- Avete intenzione di espandervi a livello nazionale e/o internazionale?

Abbiamo già un forte network internazionale con organizzazioni "gemelle" in UK, USA, Cina, Francia, Svizzera, Canada, con le quali abbiamo attività di condivisione della conoscenza e risorse varie, come anche partecipazioni a reciproche workshop, web Conference ed eventi.

lunedì 14 marzo 2016

Intervista - La Paranza

1) Come è cominciata la storia della Paranza ?

La Cooperativa è nata il 28/06/2006 ma già precedentemente attraverso il volontariato svolgevamo la nostra attività di valorizzazione dei BB.CC. (beni culturali) del Rione Sanità .

2) E quale era il suo lavoro prima di creare La Paranza ?
Lavoravo in una fabbrica di scarpe e davo ripetizioni ai bambini
3)Le persone che lavorano nella cooperativa sono tutte di Napoli ? E del Rione Sanità ?
Si, siamo tutti di Napoli e quasi tutti del Rione Sanità

4) Avete incontrato problemi ? Con la città di Napoli ? Con il vicinato ?

No, per nostra fortuna non abbiamo avuto problemi

5) Come la gente ha accolto il vostro progetto ?
Con grande entusiasmo

6) Nel 2006 impiegavate 5 persone, oggi la Paranza conta 18 membri, come avete fatto per sviluppare la vostra attività ?
Attraverso la promozione, il passaparola, il web, le guide turistiche, eventi, spettacoli, mostre ecc…

7) Ci sono anche archeologi che lavorano con voi ? Il loro lavoro in che consiste ?

Sì, ci sono archeologi che collaborano con noi che stanno approfondendo la storia dei nostri siti

8) Il turismo che avete sviluppato è un turismo storico, ma anche religioso; è qualcosa di importante anche in Italia questo turismo ?

Si è importante, fa parte della cultura italiana.

9) I visitatori sono perlopiù italiani o avete molti stranieri che vengono in visita ?
Sia italiani che stranieri, dipende dal periodo

10) Avete un nesso con il patrimonio della vostra città ? Era importante per voi proteggerlo?

Il nostro quartiere è patrimonio della città e vogliamo proteggerlo e diffonderlo
11) Avete scritto sul vostro sito quella frase molto significativa : « non per cambiare città, ma per cambiare la città ». La vostra volontà non era solo di salvaguardare il patrimonio ma anche di cambiare il vostro Rione e anche impegnare la gioventù di Napoli ?

L’obiettivo è cambiare la città per dare futuro ai giovani

12) Lei pensa di aver cambiato il Rione con la sua cooperativa ? Lei pensa che la vita qui sia cambiata ?
Sì, le cose stanno cambiando lentamente e con la consapevolezza degli abitanti del rione

13) Qual è il rapporto che hanno i giovani con quello che fate, che cos’è cambiato da quando esistete ?
I giovani sono pienamente coinvolti in tutte le nostre attività con la volontà di crescere in modo diverso attraverso la nostra esperienza ed oggi tutti hanno l’opportunità di poter cambiare la propria vita realizzando i propri sogni.

14) La città di Napoli è famosa anche per il problema della mafia e della disoccupazione e posso immaginare che i giovani siano i più toccati. Credo anche che il problema si sia aggravato con la crisi che tocca l'Europa. La situazione è cambiata da quando c'è la Paranza nel vostro Rione ?

Anche se in minima parte : oggi un gruppo di ragazzi ha la possibilità di lavorare nel proprio quartiere

15) Era importante cambiare l'immagine del vostro Rione ? Mostrare che è un Rione molto ricco grazie alla sua popolazione e al suo patrimonio ?

Si

16) La Paranza lavora con altre associazioni ?

Si
17) Avete altri progetti con la vostra cooperativa ? Si


venerdì 5 febbraio 2016

Intervista - Libera Terra

NICETTO Natalie

Intervista - Libera Terra 


Libera Terra è un’associazione che cerca di valorizzare i territori stupendi dell’Italia. Il suo scopo è di recuperare i beni liberati dalle mafie (Sicilia, Calabria Puglia e Campania) per ottenere prodotti di alta qualità attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della dignità della persona. Inoltre, svolge un ruolo attivo sul territorio, coinvolgendo altri produttori che condividono gli stessi principi e promuovendo la coltivazione biologica dei terreni. 


  • Perché avete scelto il nome Libera Terra?
Libera Terra è il progetto nato nel 2001 per iniziativa dell’associazione Libera Associazioni nomi e numeri contro le mafie per dimostrare quale valore e importanza può avere per un territorio il riuso sociale dei beni confiscati lì esistenti.
Libera Terra è anche il marchio che contraddistingue le produzioni ottenute dalle materie prime provenienti da terreni confiscati alla criminalità organizzata e gestiti da Cooperative sociali.
Il nome Libera Terra nasce dall’unione del nome dell’associazione che ha promosso la nascita del nostro progetto “Libera” con la parola “Terra”.
  • Quali sono i principali obiettivi della vostra società?
L’obiettivo del progetto Libera Terra oggi è dimostrare che l’assegnazione di un bene confiscato per finalità sociale in un territorio crea benefici concreti non solo per chi lo gestisce, ma per tutto il territorio. Il tutto cercando anche di valorizzare i territori stupendi ma difficili dove le cooperative si trovano a operare, e lavorando per ottenere prodotti di alta qualità attraverso metodi rispettosi dell’ambiente e della dignità della persona.
  • Cosa si deve fare per lavorare con voi?
Con riferimento al consorzio Libera Terra Mediterraneo qualora si aprisse una posizione professionale basta semplicemente presentare la propria candidatura e sostenere un colloquio. Nel caso in cui si fosse selezionati su criteri di merito e professionalità si darebbe avvio alla collaborazione di carattere lavorativo. A tutela del nostro progetto e dei valori in cui crediamo, si bada sempre che i nostri collaboratori abbiano un profilo etico e morale impeccabile, che ci metta al riparo da contaminazioni con la criminalità organizzata.
  • Qual è il progetto che vi sta più a cuore?
Libera Terra è la dimostrazione pratica che si possa creare impresa partendo da un progetto di natura sociale capace di auto sostenersi e stare sul mercato grazie all’impiego di professionalità specifiche e di alto livello. Lo scopo del progetto è di restituire valore e bellezza ai beni che gestiamo attraverso la creazione d’imprese cooperative che sappiano al contempo, essere rispettose delle risorse umane e dell’ambiente il cui scopo è la realizzazione di prodotti agroalimentari dalle indiscusse qualità organolettiche. Partendo da questi presupposti Libera Terra nei territori dove opera, si è dimostrato un progetto imprenditoriale capace di ridistribuire ricchezza attraverso la creazione di un indotto occupazionale basato sui principi della legalità e della sostenibilità.
Fondamentale per la costruzione di questo percorso si è rivelata la costituzione del Consorzio Libera Terra Mediterraneo che nasce nel 2008 con l'obiettivo di mettere a fattor comune le attività agricole delle cooperative e di affrontare il mercato in maniera unitaria ed efficace. La sua organizzazione è articolata in maniera mista, con divisioni di prodotto/mercato e funzioni specifiche. Accoglie nel suo interno professionalità di alto profilo e di varia esperienza, che curano tutte le fasi della commercializzazione del prodotto. Libera Terra Mediterraneo coordina le attività produttive delle singole cooperative di Libera Terra che lo compongono e segue direttamente la trasformazione delle materie prime agricole in prodotti finiti, con la costante ricerca della loro massima valorizzazione e del conseguente miglior riconoscimento economico. Perseguire l'essenza della missione di Libera Terra ed è lo strumento che le cooperative si sono date per la creazione e la tutela di aziende agricole stabili e durature, così come i posti di lavoro che accolgono, diviene possibile attraverso la creazione e la messa in commercio di prodotti, con un ottimo rapporto valore-prezzo. Per questo la ricerca dell'eccellenza guida ogni più piccola decisione, non senza la soddisfazione di vedere i propri prodotti sugli scaffali più prestigiosi dei diversi canali distributivi, sia in Italia che in molti paesi stranieri.


martedì 2 febbraio 2016

INTERVISTA ALL'ASSOCIAZIONE : TWLETTERATURA

A cura di Agathe Omarjee

Ho scelto come associazione Twletteratura perché l'obiettivo che cerca di sviluppare è la diffusione della cultura attraverso mezzi di comunicazione che tutti usano oggi: le nuove tecnologie e i dispositivi elettronici. Più precisamente, l'associazione vuole incoraggiare la lettura di diversi autori più o meno famosi per essere in controtendenza rispetto alla società che tende ad allontanarsi dalla cultura e dalla lettura preferendo le nuove tecnologie. Quest'associazione difende il diritto e l'accesso all'educazione e alla conoscenza e cerca di rendere utile l'uso degli schermi. Per spiegare la loro iniziativa il direttore dell'associazione ha accettato di rispondere alle mie domande e di farci conoscere la sua esperienza e il suo lavoro.

Risponde il signor Pierluigi Vaccaneo
- Quali sono gli obiettivi dell'impresa ? 

Con la nostra attività intendiamo proporre l'utilizzo delle nuove tecnologie al fine di sperimentare nuove ed innovative modalità di diffusione della cultura. In particolare i nostri esercizi si sono concentrati finora sullo stimolo della lettura attraverso quello che oggi chiamiamo metodo TwLetteratura. Il metodo TwLetteratura è una comunità che legge un libro e lo riassume in tweet secondo un calendario e un hashtag. Dal 2012 abbiamo letto e riscritto più di 20 autori e coinvolto una comunità di oltre 17.000 persone tra studenti, insegnanti e lettori. Il nostro metodo è stato adottato da numerose scuole in tutta Italia come utile strumento per favorire la lettura, constatare l'abbandono scolastico e affiancare la tradizionale didattica. L'obiettivo finale delle nostre attività è stimolare una maggiore attenzione ai contenuti culturali, in un'epoca in cui si registra un progressivo decremento della lettura e di conseguenza un impoverimento intellettuale della società. Un cittadino che legge è un cittadino consapevole che sviluppa un senso critico e una capacità di comprensione della realtà libera e autonoma.

 - Quali sono i progetti a livello nazionale e internazionale ?

 A livello nazionale stiamo per lanciare un importante progetto di riscrittura dedicato a tutte le scuole italiane. Il progetto partirà nel secondo quadrimestre e quindi verso la fine di febbraio e l'inizio di marzo 2016 e coinvolgerà, come di consueto, non solo gli studenti degli Istituti superiori (Licei) ma anche le scuole primarie e secondarie (elementari e medie). Gli altri progetti, attualmente in corso, sono consultabili sul nostro sito www.twletteratura.org. Il 2016 sarà anche l'anno del lancio della nostra piattaforma www.betwyll.com cui cui offriremo una soluzione informatica per la creazioni, in autonomia, di progetti di riscrittura secondo il Metodo TwLetteratura.

 - Quali sono i principali concorrenti e interlocutori ?

Attualmente non abbiamo concorrenti diretti, in quanto i nostri progetti costituiscono una sorta di unico modello di ingaggio di comunità online attorno ad un contenuto letterario. Gruppi di lettura e aggregatori di contenuti possono essere concorrenti indiretti, anche se il Metodo TwLetteratura, rilasciato secondo licenza Creative Commons, si posiziona strategicamente tra il social reading e il social writing.

 - Perché Lei ha fondato la Sua associazione?

 L'obiettivo della nostra Associazione è quello di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie e le dinamiche comunicative dei social network per stimolare la lettura in genere e l'approccio ai contenuti culturali più svariati in particolare. La scommessa è appunto tentare di innovare la divulgazione culturale e sperimentare nuovi approcci didattici che si affianchino alla tradizionale metodologia formativa.

- Qual è il lavoro dell'impresa e le sue difficoltà ?

 Le maggiori difficoltà che incontriamo riguardano l'ecosistema economico e culturale in cui viviamo. Da un punto di vista economico, lo sviluppo di un'impresa, in ambito startup, fatica a trovare le risorse necessarie per avviare la propria attività e dunque avere l'opportunità di sperimentare sul mercato la bontà e sostenibilità dell'idea stessa. Questo è un problema meramente culturale in quanto l'imprenditorialità non ha ancora colto il potenziale di sviluppo nel creare un tessuto di giovani imprese sperimentatrici e innovatrici.

 - Come funziona l'impresa ?

 Il nostro modello di business prevede la creazione di progetti di riscrittura, secondo il metodo TwLetteratura, in diversi ambiti del sapere. Per le scuole, continueremo a mettere a disposizione delle scuole e degli insegnanti, i nostri progetti e i nostri workshop . La sostenibilità dell'impresa è data dalla vendita, ad enti territoriali, imprese, agenzie della nostra piattaforma, betwyll, l'applicazione web con cui offriremo la possibilità, dal 2016, di poter applicare la metodologia TwLetteratura in nuovi contesti, in maniera autonoma e con una serie di funzionalità aggiuntive, inapplicabili dovendo utilizzare una piattaforma chiusa come Twitter.

- Qual è il ruolo di un tirocinante nella Sua impresa ? 

Eventuali collaboratori vengono coinvolti in tutte le attività dell'impresa in modo da metterli in contatto diretto con il sistema e l'ambiente con cui dovranno confrontarsi in futuro.

 -Quali sono le qualità che deve avere ?

 Un apprendista che si interessa alla nostra attività deve avere spiccate doti relazionali da applicare in un ambiente prevalentemente social. Ovviamente dovrà essere preparato sull'utilizzo delle moderne tecnologie e dei social network. Passione per l'innovazione, intraprendenza, voglia di sperimentare devono essere le caratteristiche supplementari per il profilo della persona.

 - E quali sono i Vostri interlocutori principali ?

 I nostri stakeholder possono essere le istituzioni pubbliche e private, gli enti territoriali, gli istituti scolastici, le grandi imprese, le agenzie di comunicazione e formazione, i singoli utenti, insegnanti e studenti.

lunedì 1 febbraio 2016

Intervista Kinodromo

Intervista con l'associazione Kinodromo che ha come sede Bologna.
marmanfredi@gmail.com
A cura di Larisa Kulick 
1. Come avete avuto l'idea di creare questa associazione?
Kinodromo è nato più da un'esigenza che da un'idea. Nel novembre del 2011 vari gruppi antagonisti bolognesi occuparono un cinema abbandonato sito nel pieno centro della città -il Cinema Arcobaleno- con l'intento di ridargli vita. L'Arcobaleno fu presto sgomberato ma durante quell'esperienza tante delle persone che in città lavorano nel campo dell'audiovisivo si ritrovarono in uno stesso luogo e organizzarono delle proiezioni che riempirono la sala per tre giorni di seguito. Eravamo registi, direttori della fotografia, montatori, attori, produttori, elettricisti, truccatori, e se tutti più o meno ci conoscevamo già, fu quella l'occasione in cui capimmo che era un buon momento per riconoscerci come categoria (potremmo dire: i lavoratori dello spettacolo) e cominciare a condividere il nostro lavoro con la città che ci ospitava.
L'esigenza dunque di cui ho scritto in apertura era quella per noi di aver un confronto più vero con la città (ovvero, il pubblico) perché il nostro fare cinema fosse legato davvero alla realtà e ne rispecchiasse gli aspetti. Solo con il confronto diretto col pubblico è possibile capire quali opere valgono e quali no, è possibile capire se stiamo lavorando nella direzione che vogliamo. Solo in questo modo è possibile ridare dignità a mestieri che vengono in Italia ignorati dalla maggior parte delle persone, che li pensano tutt'al più relegati negli studios di Cinecittà, di Pinewood, di Hollywood. Noi invece abbiamo sentito l'esigenza di riaffermare la nostra presenza nel tessuto della città, di farne parte, e di riflesso di far sentire alla città l'esigenza di avere un cinema che fosse suo, che fosse servizio pubblico, dove si potessero vedere opere scelte in modo partecipato dalla comunità stessa, e non imposte dalle grandi case di distribuzione. Perché se è vero che oggi le opere possono circolare facilmente online ed avere una loro diffusione, crediamo che solo la visione collettiva e partecipata, vissuta anche come momento di socializzazione, faccia sì che un film entri nella coscienza collettiva e dunque divenga nodo di una cultura rizomatica e non gerarchica. Ecco perché il creare un cinema che scardinasse le regole del mercato è stata l'idea comune a tutti.
Oggi in Italia le case di distribuzione che controllano il 90% del mercato cinematografico sono sei, di cui tre ne controllano l'80%. Il loro potere sulla scelta della programmazione da parte degli esercenti delle sale è fortissimo.
Al contrario dare la dignità del grande schermo a tutte le opere, fa in modo che sia davvero il pubblico a determinarne la vita, allungandola o accorciandola. E solo la prospettiva di un -seppur limitato- guadagno può stimolare a produrre film anche in modo indipendente. Solo una cultura innervata alla società è una cultura viva. Noi lavoratori dello spettacolo riuniti sotto il nome Kinodromo abbiamo scelto una strada molto lunga per ridare dignità al nostro lavoro, ma è proprio quando il terreno è più accidentato che si cerca di guardare più lontano, e si misurano bene i passi per poter camminare a lungo!

2.  Quali sono le difficoltà che avete incontrato?
Le prime difficoltà sono nate ovviamente al nostro interno. Se fino a qua ho parlato di "noi di Kinodromo" come di un'associazione dove regna pace e armonia, ora devo ammettere che inizialmente non fu così....e non lo è stato nemmeno in seguito! L'associazione è nata grazie a un anno di assemblee - una ogni due settimane - e solo dopo quest'anno abbiamo effettivamente aperto il nostro cinema. Durante le assemblee i partecipanti sono andati diminuendo, in certi momenti sono di nuovo aumentati, poi si sono stabilizzati. Abbiamo litigato e scherzato, strinto e rotto amicizie. Abbiamo spesso cambiato le nostre idee e capito meglio le nostre esigenze. Sentivamo che qualcosa ci univa, ma ben di più erano i motivi di divisione. Ad esempio: essere contro le istituzioni e occupare uno spazio, o collaborare con le istituzioni, e richiedere l'utilizzo di uno spazio? Rivolgersi al mondo della cultura in generale o concentrarci sull'audiovisivo? Divenire anche un collettivo di produzione cinematografica o limitarci alla diffusione/distribuzione dei prodotti audiovisivi? Se l'obiettivo comune era chiaro, la modalità con cui raggiungerlo differiva da persona a persona. Forse la difficoltà più grande, anche una volta aperto il cinema (che ovviamente ci ha ricompattato, perché era un luogo fisico che incanalava le energie e le metteva a frutto) è stato il trovare la capacità di non sperare in un risultato immediato, di non cedere alle facili infatuazioni dei primi successi, ma di continuare ogni volta a lavorare per l'obiettivo successivo. Potremmo facilmente essere un "cinema d'essai" che funziona, potremmo essere un locale che fa il pieno tutte le sere, potremmo essere anche solo una sala che apre ogni tanto per eventi particolari molto partecipati. Queste opzioni, seppur sminuenti la nostra missione iniziale, nei momenti di fatica (e quando si è volontari e bisogna nel frattempo avere a che fare con le solite difficoltà di lavori intermittenti e poco rispettati, la fatica è sempre dietro l'angolo) sono apparse spesso come soddisfacenti. Difficile è stato appunto rilanciare ogni volta la sfida di partenza.

3. Prevedete di espandervi in altre città?
La nostra espansione in altre città è già in atto. Ho scritto che il nostro obiettivo è dare visibilità ad opere audiovisive che normalmete non l'avrebbero. In una sola città un cinema può cambiare l'humus culturale di quella città, ma non il destino (soprattutto economico) d'un operazione commerciale complessa come la realizzazione e la diffusione di un film. Perciò abbiamo cominciato a raccontare la nostra esperienza cercando d'esportare le modalità con cui ci è stato possibile aprire il nostro cinema senza alcun capitale iniziale (co-gestione con l'esercente di un cinema monosala in difficoltà) ad altre associazioni, presenti nel territorio a noi vicino (Modena, Rimini) o più distanti (Milano, Palermo), ma che conoscevamo per vie personali. Da lì è iniziato un esperimento pilota con altri quattro cinema cui abbiamo messo a disposizione un pacchetto di quattro pellicole che avevano avuto successo da noi e che sono state proiettate con altrettanto successo. Ora, da quest'anno, inizia la nostra "esperienza di Rete": stiamo cercando d'essere i capofila d'una serie di cinema simili al nostro per avere un fronte unico di contrattazione con i produttori o i distributori. Poter garantire a una pellicola più proiezioni in diverse sale sparse per l'Italia comincia a spostare gli interessi immediati del mercato cinematografico, ma speriamo anche gli interessi futuri, dando opportunità che stimolino scelte produttive più audaci.

4. Quali sono i migliori eventi che avete fatto?
Abbiamo sempre cercato di fare in modo che le nostre serate non si limitassero ad una semplice proiezione. Se il film in programma rimane il momento fondamentale della nostra serata, vogliamo comunque che questa sia la più ricca possibile, cioè che faccia colloquiare diversi prodotti culturali, così da coinvolgere lo spettatore in una riflessione più ampia. Citando fra i tanti: il film documentario "Io sono Tony Scott" è stato preceduto dal concerto di un pianista che ha riarrangiato pezzi appunto del clarinettista Tony Scott; dopo il film abbiamo mostrato le foto del backstage fatte dall'aiutoregia del film stesso, presente alla proiezione; la proiezione di "Qui", documentario sui treni ad alta velocità e sulle contestazioni in Val di Susa (dove passa la linea Turin-Lyon), è stata preceduta da un breve spettacolo teatrale sempre sull'Alta Velocità e dopo c'è stata la presentazione di un libro del collettivo WuMing sull'antagonismo della Val di Susa, discussa insieme al regista del film; il film "Best bar in America" è stato preceduto da un concerto rockabilly; spesso abbiamo fatto sonorizzazioni live di vecchi filmati d'archivio; abbiamo presentato videoclip e concept album di musicisti che hanno poi completato le loro performances live. Cioè abbiamo ridato dignità a generi di audiovisivo che difficilmente hanno l'onore di proiezioni su grande schermo o abbiamo vivificato generi (come il documentario) grazie all'aiuto di tutti gli ipertesti che gli stanno vicini.

5. In che modo incorporate la cultura negli eventi?
Se capisco bene la domanda, credo sia chiaro che i nostri eventi si configurano già come momenti performativi di prodotti culturali. Come scritto sopra, il punto di partenza non è l'evento ma una riflessione culturale il più ampia possibile, nella convinzione che anche prodotti normalmente considerati "difficili"  possono essere fruiti in modo "popolare". Ovviamente nelle nostre serate è sempre presente, nel foyer del cinema o nella nostra nuova sede che è un locale attiguo al cinema, un bar e della musica - di sottofondo o in djset. Ma l'importante per noi è proprio uscire dalla logica dell'evento e fare in modo che l'attrazione sia la continuità di una stagione che propone, in serate normalmente poco frequentate come il lunedì e il martedì, la possibilità di approcciare diversi prodotti culturali in modo semplice e piacevole, con la stessa convivialità di un bistrot o di un'osteria, ma non per questo in modo meno profondo.  Soprattutto dando la possibilità di parlare di ciò che si vede!

6. Quante persone lavorano per quest'associazione?
Il numero può essere molto vario, a seconda di come lo si considera. La nostra assemblea, momento focale della gestione partecipata dell'associazione, e che dà le linee guida ai vari sottogruppi più prettamente operativi, conta normalmente 50 persone. Ne teniamo abitualmente una al mese, salvo necessità particolari. All'interno di queste 50 persone contiamo ogni anno 10-15  tirocinanti universitari, che possono essere più o meno coinvolti nelle attività di Kinodromo, a seconda della loro volontà e disponibilità.  Da quando abbiamo iniziato questa collaborazione con l'università almeno dieci di loro sono poi entrati stabilmente nell'associazione, tra i quali un gruppo di 5 si è "specializzato" nella ricerca di cortometraggi dei più giovani registi apprendisti bolognesi e non. Tra le rimanenti 35-40 persone, ci dividiamo più o meno a metà tra quelli che riescono (per motivi soprattutto lavorativi) a dare solo un apporto saltuario e per così dire di "consulenza") e quelli invece realmente operativi, che danno giornalmente il loro contributo, dividendosi (pur esistendo doppi ruoli) tra i gruppi di:
- gestione Cinema (gestione della sala e programmazione)
- gestione Loft (il nome della nostra sede sociale, dove ospitiamo le attività collegate alla proiezione come workshop, seminari, mostre, concerti, proiezioni di contenuti collegati alla programmazione cinema
- gestione Rete (il network di sale)
- gestione Comunicazione (che si occupa di comunicare le attivià di tutti e tre i precedenti gruppi)

Ci tengo a precisare che se molte persone si sono succedute negli anni, molte sono rimaste fin dal primo momento, quello dell'occupazione che ci vide nascere. Però - io sono tra quelli - noi stessi non vogliamo per forza rimanere colonne portanti di Kinodromo, ci piacerebbe anzi che l'associazione avesse una struttura così solida da poter vedere al suo interno continui cambiamenti tra le persone che ci lavorano. In primo luogo perché deve essere quanto di più vicino ad un servizio pubblico. E poi semplicemente perché, e di nuovo posso portare il mio esempio personale, non desideriamo creare un'attività per noi ma un'opportunità per tutti, e manteniamo comunque come primo interesse la voglia di svolgere al meglio le nostre professioni personali. Per le quali Kinodromo può essere un momento di rigenerazione, vetrina e confronto, ma che non le deve rimpiazzare. Lo stesso discorso vale - faccio una puntualizzazione rispetto alla risposta 3. - per la Rete di cinema. Noi non vogliamo fondare una casa di distribuzione. Vogliamo favorire la nascita di nuovi cinema, ognuno dei quali si faccia cacciatore di nuovi film che possano avere più pubblico possibile. In tal modo ci auguriamo che di anno in anno il nostro ruolo di capofila si frammenti fra tutte le realtà afferenti alla Rete.

7. Normalmente quante persone vengono ad ogni evento?
Il nostro cinema conta 144 posti a sedere. La media di presenze in sala l'anno scorso è stata di 95 persone. Ci tengo a sottolineare che noi facciamo due film a settimana, uno il lunedì e uno il martedì, e solo in occasioni di film particolari proiettiamo lo stesso film tutta la settimana. Nelle altre serate il cinema torna alla sua gestione originaria, non curata da noi, come una normale sala d'essai. Ma grazie a noi - in due serate "stanche" come il lunedì e il martedì - il cinema che rischiava di chiudere ha in questi anni aumentato il suo sbigliettamento complessivo del 55%, tornando in attivo.
Accade poi spesso che molta più gente venga alle attività pre e post-proiezione e che  magari non entra in sala: nel complesso possono arrivare a circolare nei nostri locali 200-300 persone.

8. A quale fascia d'età appartengono la maggior parte dei partecipanti?
Se la maggior parte del nostro pubblico sta tra i 20 e i 40 anni, e specialmente tra i 25 e i 35, a seconda delle proiezioni riusciamo ad avere grande varietà di pubblico. È normale vedere persone anziane sedute accanto ai più giovani, come deve essere in un cinema vero!

9. In che modo è finanziata l'associazione?
Tutti noi siamo volontari. Solo da quando abbiamo la sede sociale aperta 7 giorni su 7  dalle 9 alle 24 stiamo pensando alla possibilità di pagare i turni che servono per un servizio così impegnativo a livello di ore messe a disposizione. Ma questo ancora non accade perché aspettiamo che si stabilizzi meglio la gestione di tale sede che, al contrario del cinema attivo da 4 anni, è aperta solo da due mesi.
Comunque il fatto che ci si basi solo su lavoro volontario riduce sensibilmente le spese.
Non abbiamo mai accettato finanziamenti pubblici, anche perché in qualche modo siamo critici nei confronti delle istituzioni che crediamo dovrebbero garantire questo servizio di cui abbiamo sentito la mancanza e che quindi per conto nostro cerchiamo di portare avanti. Ma anche per non dover rispondere del nostro operato a nessuno se non al pubblico, l'unico quindi che ci sostiene con le tessere di adesione alla nostra associazione, con i biglietti del cinema e con le consumazioni al bar. Tutte le attività extraproiezioni (concerti, mostre) sono gratuite.

Intervista Piccoli Maestri

Piccoli Maestri è un’associazione di scrittori e scrittrici. Andiamo nelle scuole a raccontare e leggere libri. Quelli più belli, imprescindibili, quelli che non vogliamo siano dimenticati.






Intervista con Chiara Mezzalama
a cura di Fabienne Ratomahenina



  •       Fabienne - Le pongo alcune domande sulla sua associazione:


- Quali sono le azioni realizzate dell'associazione e qual è il suo scopo?

-Quanti dipendenti lavorano nell'associazione?
-L'Associazione è conosciuta in Italia o in caso contrario, in quale altro paese?
-Siete interessati al turismo? Se no, quali settori vi interessano?
-Ci sono volontari o tirocinanti nell'associazione?

Ratomahenina Fabienne




 
 
Chiara:
 Lo scopo dell'Associazione Piccoli Maestri (PM) è di promuovere la lettura nelle scuole. 
È un'associazione composta da scrittori che volontariamente mettono a disposizione del tempo per andare a leggere nelle classi un libro che hanno scelto. Non leggono mai i propri libri. Piuttosto scelgono un romanzo che ha cambiato loro la vita e cercano di trasmettere questa passione ai ragazzi. Le letture sono fatte a tutti i livelli, dalle elementari fino al liceo.
Solitamente si spiega ai ragazzi perché si è scelto un certo libro e si racconta un po' la storia. Poi si comincia a leggerne alcuni brani. Resta sempre un tempo alla fine per discuterne insieme.

L'Associazione è fatta di un consiglio (5 o 6 persone), di una segreteria che gestisce le richieste delle scuole e il sito (3 o 4 persone), tutti gli altri sono degli scrittori che vanno nelle scuole a leggere (ormai più di cento in diverse città d'Italia).

L'Associazione per il momento interviene soltanto in Italia.
Tutti i membri dell'Associazione sono volontari. Per entrare a fare parte dei Piccoli Maestri bisogna aver pubblicato almeno un libro e essere buoni e appassionati lettori.
Non ci sono tirocinanti.

Non ci sono legami diretti con attività turistiche.

Spero di aver risposto con sufficiente chiarezza. 
Per completare potrebbe andare a visitare il sito (www.piccolimaestri.org) dove troverà tutte le informazioni di cui ha bisogno e anche delle testimonianze di alcuni interventi fatti nelle scuole.